venerdì 14 settembre 2012

Recensione: Ribelle-The Brave

Buongiorno! Eccomi pronta a una nuova recensione! Infatti, non solo mi sono gustata (sebbene dalla prima ora in avanti) il film, Il Cavaliere Oscuro- Il Ritorno, ma ero ancora fresca fresca di visione del film targato Disney-Pixar, Ribelle-The Brave, di cui avevo già parlato QUI.
La casa di produzione Pixar ha ormai superato diversi esami a voto pieno, 100 e lode, ma negli ultimi tempi, benché rimanga al primo posto per attenzione alla trama e ai personaggi, e sia inguagliabile il suo talento per raccontare storie che arrivano dritte al cuore, ha perso qualche colpo, ed è scesa a una marcia in meno. Non vi preoccupate, la Disney-Pixar faticherà a deludervi davvero, ma vi sarà evidente il minore spessore che interessa il nuovo cartoon. La protagonista è Merida, impavida e ribelle, a partire dalla sua chioma, una massa di riccioli infuocati che non ne vogliono sapere di copricapi e spazzole. Merida è la futura regina, ma in lei non esiste nemmeno un briciolo dell'eleganza e della grazia di una principessa a cui spetta il compito di sovrana; è un maschiaccio, è un'abilissima arciera (mi ricorda qualcuno...), è un po' egoista ed egocentrica. Quando la madre e il padre invitano a corte i pretendenti alla mano di Merida, la giovane si schiera apertamente contro i suoi genitori, in particolare verso la madre, che la vorrebbe pronta a salire al trono. Merida farebbe di tutto perché sua madre cambi idea sul suo matrimonio, anche chiedere a una "cosidetta" strega di preparare una pozione in grado di esaudire il suo più grande desiderio. Il risultato, però, non sarà quello sperato e Merida dovrà fare di tutto per rimediare al suo errore.

Il nuovo cartoon Disney-Pixar è una fiaba. Lo stile è di conseguenza diverso rispetto ai film precedenti, e, benché sia indirizzata a un pubblico di bambini, la storia è scioccante, e un bambino di 5/6 anni un po' sensibile, rimarrebbe sconvolto dalla visione del film. Una fiaba dai toni adulti, molto scura e tenebrosa, adatta a un pubblico, secondo me, dai 10 anni in su. Il tentativo Pixar, di dare un volto nuovo alla casa di produzione, mettendo in campo un nuovo genere, non è particolarmente riuscito. Infatti la storia è un po' troppo forte per dei bambini e nemmeno così accattivante agli occhi degli adulti. Al contrario di altri cartoon Pixar, questo scontenta un pubblico sia di grandi che di piccini, invece di conciliarli, come succede nei cartoon Pixar di vecchia data. Le risate si lasciano poco spazio, il film è ricco di tensione e ritmi serrati (sembra che io stia parlando di un thriller, invece...), la storia emoziona, sì, ma non è dolce e toccante come Up o Wall-e. Come nelle fiabe che si rispettino, anche qui sono presenti diverse morali; bisogna agire tenendo sempre conto delle possibili conseguenze, non bisogna pensare solo al proprio interesse personale, ma al bene comune e bisogna sempre saper perdonare. Consiglio alla Pixar di tornare al vecchio registro, l'esperimento è riuscito solo a metà. Voto: 7+

Trailer:
 

mercoledì 12 settembre 2012

Recensione: Il Cavaliere Oscuro- Il Ritorno

Buon Pomeriggio! Tra poco ricomincia la scuola e io sono un mix tra il terrorizzato, l'ansioso e il felice. Sabato sera sono andata al cinema, a vedere Il Cavaliere Oscuro- Il Ritorno. Non potevo assolutamente mancare alla visione del terzo capitolo della saga di Nolan! Ho letteralmente adorato i primi due capitoli, in particolare il secondo. 
Christopher Nolan non vedeva l'ora di fare le cose in grande, di dare un finale epico alla saga dell'uomo pipistrello, di curare ogni dettaglio con una minuzia sconcertante che gli è stata fatale. Vi spiegherò, ma prima introduciamo la trama. Sono passati otto anni, da quando le mire calcolatrici di Joker si sono abbattute su Gotham, e la sua raccapricciante risata ha sconvolto l'intera cittadinanza. Ma anche da quando, Harvey Dent, simbolo della lotta contro la malavita di Gotham, è stato risucchiato all'interno di quel male che cercava disperatamente di combattere, trasformandosi nello sfigurato Due-Facce, e Batman, l'uomo che agiva nell'ombra per proteggere la città, è diventato da eroe a nemico, perchè accusato dell'omicidio del procuratore Dent. L'unico a conoscere la verità, è il commissario Jim Gordon. Il terzo capitolo della saga si apre proprio così; il Commissario Gordon dice "racconterò la mia verità su Harvey Dent", ma la verità sarebbe un duro colpo per i cittadini, che in Dent vedono ormai il vessillo della lotta contro il crimine. Scura e dai toni sempre più cupi, Gotham verrà messa a ferro e fuoco da Bane, feroce calcolatore, abituato ad agire nell'ombra, impartire ordini ai suoi subordinati e dotato di una forza fisica straordinaria. E così il cine-fumetto, si trasforma in una specie di distopico. Bane, infatti, porta con sè la rivoluzione, il cambiameto, una nuova era per Gotham, una rinascita dalle ceneri, in cui è stata trascinata dai potenti, schiavi della loro ricchezza. Bane si rivolge agli sventurati, ai criminali, a coloro, insomma, a cui la classe dirigente di Gotham e i suoi cosidetti "eroi",  hanno portato via tutto, facendoli vivere nella povertà e nella miseria. Ovviamente il messaggio non è così tanto nobile, e la violenza disumana di Bane, lo rende un cattivo spietato, seppur (molto) meno presente sulla scena di Joker. Il Cambiamento. Così fortemente desiderato anche da Selina Kyle, ladra di gioielli, inopportunatamente chiamata Catwoman, perché dei "gingilli" della Donna-Gatto non c'è neanche l'ombra. Un personaggio ambiguo, ma che riserverà più di una sorpresa. 


Prima ora di flm: noia disumana. Guardavo lo schermo senza realmente guardarlo, cercando disperatamente di capire dove il regista volesse andare a parare. Una sfilata di personaggi all'apparenza uno più inutile dell'altro, da Miranda Tate a Catwoman, passando per Bane e lo stesso Batman, che fino a più di un'ora di film si limita a zoppicare in giro per la sua magione dopo otto anni da recluso. Mi sono detta: no, per favore, no, capisco l'amore per il dettaglio e la precisione, ma dacci un taglio, santo cielo! Nolan, però, non ci ha dato un taglio, perché non è nel suo stile essere pragmatico, cioè azione-conseguenza, chi si è visto, si è visto. E' un regista prolisso e complicato, punto. Però, poi, il film è entrato nel vivo. Batman è tornato in azione, Bane ha dato il via a una guerra nucleare e ha dichiarato il suo odio ai potenti, il Commissario Gordon ha preso in mano la situazione, inseime alla polizia di Gotham, Selina Kyle decide da che parte stare e la guerra ha inizio. Siccome Nolan è Nolan, e con Inception ci ha preso gusto, la situazione è più complicata di quello che sembra, per cui i personaggi che per tutto il film parlano e agiscono come se fossero completamente inutili, o quasi, sono determinanti per il finale epico, perchè epico lo è davvero, del film. Dopo la prima ora, non riuscirete più a smettere di guardare lo schermo. Purtroppo Nolan ha preso la via più lunga all'inizio e bisogna un pò patire, per questo ho usato l'aggettivo fatale, perchè il voto finale è necessariamente più basso del dovuto, ed è un peccato. Voto: 8 


Trailer:




mercoledì 6 giugno 2012

"Cose che Nessuno sa" di Alessandro D'Avenia

Buon pomeriggio! Eccomi qui, a quasi un mese dall'ultimo post! Come avete potuto ben vedere non sono molto attiva sul blog nei mesi invernali. Le cause? Poca voglia, stanchezza e tanto studio! 
Oggi vorrei parlarvi di un romanzo, "Cose che Nessuno Sa", di Alessandro D'Avenia. Ho comprato questo romanzo 5 mesi fa, eppure sono riuscita a terminarlo solamente ora. Da una parte sto affrontando un periodo particolare in cui non mi sento molto attirata dai libri e me ne rammarico molto, non avrei mai potuto pensare che sarebbe accaduta una fase di "stasi"letteraria; dall'altra ho fatto una notevole fatica a "digerire" il romanzo in questione. 
Sono combattuta da sentimenti contrastanti che non ho mai provato fin'ora verso un libro. Un romanzo non può colpirti fin dalle prime pagine, mi sembra chiaro, se non con qualche eccezione che ho sperimentato sulla mia stessa pelle leggendo "Jane Eyre" e "Il Buio Oltre la Siepe". Può benissimo succedere che le prime pagine di un romanzo ti lascino un pò perplesso, che il "patto narrativo" non funzioni immediatamente, ma che questo senso di mancanza interessi a tratti un intero romanzo no. Invece è ciò che mi è successo leggendo "Cose che Nessuno Sa". Alcune volte il libro funziona, ti trascina, riesci a pensare: "Ecco qui l'autore di quel piccolo capolavoro che è "Bianca come il Latte, Rossa come il Sangue", altre, troppe volte, l'intero libro sembra un'accozzaglia di pensieri, frasi , a volte, mi spiace dirlo, contraddizioni. Il personaggio più contraddittorio del romanzo è sicuramente il professore del Liceo di Margherita, la protagonista del romanzo, anche se i punti di vista cambiano spesso e volentieri all'interno della storia. Faccio un breve salto per spiegare meglio di cosa sto parlando. Margherita ha perso il padre. Lui se ne è andato via di casa, lasciando soli una moglie, una figlia e un figlio piccolo. Margherita ha bisogno di ritrovare se stessa, perchè il padre, andandosene via da casa, ha portato con sè anche una parte di lei. La nostra protagonista, a cui è impossibile non affezionarsi e che suscita per l'intera durata del racconto un'immensa voglia di abbracciarla come fosse  ( e dopotutto lo è) un cucciolo abbandonato, deve rinascere a nuova vita, deve riuscire a destreggiarsi nel cammino impervio dell'adolescenza, fatto di scelte difficili, ma fondamentali per la propria crescita interiore. Margherita trova un rifugio sicuro nelle parole di Omero, nella sua Odissea. Si identifica a tal punto nel giovane Telemaco, figlio di Ulisse, da decidere, come lui, di cercare il padre per poterlo ricondurre a casa. Promotore di tutte le sue fantasie più sfrenate, è il giovane supplente di Italiano e Latino, un uomo che non vive leggendo libri, ma "respirandoli," "assaporandoli", rendendoli la sua "guida", la sua "voce" nell'aprirsi al mondo. Il Professore è un uomo che rifiuta la vita, la vita vera e piena, non ascolta la sua chiamata, ma preferisce affidarsi ai libri, perchè hanno una soluzione a ogni problema, sanno sempre quale consiglio dispensare. 
Insomma, il Professore ha paura di vivere e si contraddice nel suo essere "grande letterato". Infatti, lui, che ama i libri più della sua fidanzata, Stella, alle richieste di Margherita di accompagnarla nel suo viaggio alla ricerca del padre risponde che i libri sono opere di fantasia, non bisogna affidarsi a ciò che dicono i libri, che quando lui spiegava in classe l'Odissea non credeva realmente a ciò che diceva... Si contraddice così, spudoratamente, davanti alla sua alunna! Lui, che per l'intero romanzo non fa altro che citare libri, mettendoli sempre al di sopra di ogni rapporto umano, anzi incapace di relazionarsi davvero con una donna o un uomo, appogia la maschera, e si dimostra per ciò che è realmente... una persona bugiarda con se stessa e con chi gli sta attorno! Ecco perché non ho provato alcuna empatia verso il Professore. Non posso credere che l'autore abbia creato un tale personaggio, contradditorio e privo di quel poco di umanità che serve a vivere, almeno a respirare. Non ho trovato il Professore "umano", no, per niente, ho pensato a lui nel corso della storia come a un uomo profondamente irritante, uno a cui vorresti dare due ceffoni e dire: "Svegliati, vivi la vita, ama e sii amato e non distruggere i sogni di un'adolescente, tu, che vuoi essere colui che farà innamorare  i tuoi giovani alunni della vita e della sete di conoscenza e sapere."
 Un altro personaggio particolare è Giulio. Ragazzo all'apparenza bello e dannato, in realtà porta con sè un grande dolore. Non dico di approvare tutto ciò che fa nel romanzo, soprattutto alla fine. Però, quello che viene detto nel romanzo è vero. Giulio è un ragazzo che ha sofferto molto, ma lui vive, vive davvero, non si arrende, scalpita e combatte e questo lato del suo carattere mi è piaciuto molto. 
Anche Marta è adorabile. E' l'amica che chiunque desidererebbe, vive secondo le sue regole e non dà peso a ciò che gli altri pensano di lei. La sua freschezza e il suo carattere gioioso sono una boccata d'aria fresca.
Un ultima critica che vorrei muovere riguarda il romanzo nel suo insieme (che cattiva sono...). L'idea è stupenda, l'adolescenza è un periodo della vita bellissimo, ma duro e io penso che lo scrittore, essendo anche insegnante, sappia benissimo tutto ciò. Peccato che nel libro i molti aspetti positivi e il messaggio di fondo del romanzo vengano inghiottiti all'interno di uno stile un pò debole. Ovvero, i pensieri dell'autore sono bellissimi e il materiale su cui lavorare c'è, però trattato in modo confusionario, cosa che gioca molto a sfavore della storia. 
Penso che il romanzo "Cose che Nessuna Sa" sia un inno alla vita, a viverla, ad afferrarla per capire 'quale storia siamo venuti a raccontare su questa terra', citando lo scrittore,Alessandro D'Avenia. Urgenza di vivere, ecco quello di cui hanno bisogno i personaggi, soprattutto il professore; avrebbe davvero un gran bisogno di vivere e bruciare (non tutti, non sia mai) i libri della sua biblioteca. Perchè i libri sono bellissimi, non c'è che dire, ma non devono sostituire la vita reale. Voto: 7+

venerdì 11 maggio 2012

The Hunger Games

 Buonasera! Quanti mesi sono che non scrivo? Non ci crederete, ma mi sono improvvisamente e incredibilmente trovata con UN minuto libero e ho detto: che fine avrà fatto il mio blog? Lo avranno chiuso? Siccome sono riuscita a entrare, direi che c'è ancora. Mercoledì sono andata al cinema a vedere "The Hunger Games". Appena uscita dal cinema non avevo particolari considerazioni da fare, niente da lamentare, insomma. Dormirci sopra, però, mi ha aiutato a riflettere e a trovare diverse pecche nel film di Gary Ross, tratto dal libro omonimo di Suzanne Collins. Il libro è davvero molto bello, e, così come il film, racconta di un futuro in cui gli Stati Uniti d'America sono divenuti Stato di Panem, 12 distretti sotto l'egida di Capitol City, che sorge là dove sorgeva un tempo Washington. Ogni anno, 2 ragazzi per distretto, maschio e femmina, vengono mandati a combattere fino alla morte in un' Arena, sotto lo sguardo vigile e calcolatore di potenti Strateghi. I protagonisti del Reality, figlio di un  ipotetico nuovo  Grande Fratello, sono panem et circenses per gli abitanti di Capitol City, che li osservano morire fino a eleggere l'unico vincitore. 
Prima di tutto, vorrei osservare una cosa: noi (pluralis miestatis) abbiamo guardato il film, spettatori, come gli abitanti di Capitol, del Reality. Quindi non ci potremmo neanche assolvere dall'essere attratti da storie del genere come succede nel film, se il film non fosse povero di dettagli violenti che ne minano la credibilità. Infatti, il film non è tanto violento fisicamente, quanto psicologicamente, ma non nel modo che dovrebbe essere. Mentre lo guardi, non ti viene da dire: guarda quanto dolore, pensando ai ragazzi che vengono mandati a morte, ma provi più che altro un senso di claustrofobia anche davanti agli spazi immensi dll'arena. Per quale motivo? Sicuramente la musica, che manca per gran parte del film, non c'è sottofondo, è tutto statico, piatto, inerte, come nei film dei paesi nordici, che, appunto, suscitano questa sensazione. Come dicevo, il dolore per questi ragazzi è poco o nullo, se non in rare occasioni. Rare occasioni, che si manifestano non dentro l'arena, nel vivo dell'aizone (ma c'è azione, o anche qui tutto è statico?) , ma prima, quando ci viene mostrata la Mietitura e lo stile di vita degli abitanti di Capitol. Il film manca di pathos, insomma. Quanto ci rimane di questi ragazzi che si ammazzano a vicenda? Quanto ci rimane dalle censure, che non mostrano la violenza della situazione e sono ancora più frustranti, non perchè io o chiunue altro amiamo il macrabrio ma perchè non permettono di capire i fatti? Trovo sbagliato che la telecamera, mentre i ragazzi muoiono, venga spostata verso il nulla, il vuoto.  Nella vita, non possiamo certo girarci dall'altra parte. Quindi, perchè rubare credibilità all'intero film con un pò di ipocrisia nata dal guadagno (meno scene violente, niente PG-13)?  Poco, davvero poco. E' questo il difetto principale, che va oltre ogni incongruenza o prova attoriale nel film. Hunger Games il film non lascia niente che non sia claustrofobia, frustrazione. Inoltre, tanto per non farci mancare niente, come possiamo provare anche solo un pò di compassione davanti a ragazzini che per uccidersi si rincorrono come se stessere giocando a palla avvelenata o, peggio ancora, ad acchiapparella? Insomma, un pò più di attenzione in queste cose andrebbe bene. Trovo che la prima parte del fim sia coerente, a parte qualche diffettuccio e arredamento un pò kitch, mentre la seconda, dall'arena in poi, finale compreso, trovo sia davvero buttata via, una gran cavolata, un mix di ipocrisia e stupidaggine. Grazie al cielo le prove attoriali non sono da contestare, non ho trovato nemmeno un diffetto, se non, appunto, uno: Lenny Kravitz mi ha reso Cinna, uno dei personaggi migliori del libro, estremamente antipatico. Il suo rapporto con Katniss, la protagonista indiscussa, perla del libro e anche del film, è banale e scontato, mi risulta un pò apatico, senza pathos, come il film nel suo insieme, dopotutto. Un buon prodotto commerciale, senza dubbio, ma con un buon numero di difetti. Non mi sento di dare un voto più alto, perchè davvero non ho potuto digerire il nulla che un film con potenziali incredibili mi ha lasciato. Ringraziate Stanley Tucci e il suo talento magistrale se trovate qualcosa di davvero ben fatto nel complesso. Voto: 6-


lunedì 2 gennaio 2012

Ritratto di Signora #3

Buongiorno! E' da un po' che non scrivo nulla sul blog...cercherò di rimediare!! Ma, intanto, eccomi qui con l'articolo mensile di Ritratto di Signora, di cui trovate informazioni nel post precedente!! Il tutto è nato da QUESTO. I vari blog che partecipano all'iniziativa sono quelli di: MIKI, MONICA, FEDE, ELENA.



E ora, ecco a voi l'articolo, scritto da me. Il soggetto è la cantante inglese ADELE:




Prima di tutto, ciao a tutti! Oggi, in questo nuovo appuntamento della rubrica mensile “Ritratto di Signora”, vorrei parlarvi di un personaggio sicuramente distante dai precedenti modelli di donna di cui la rubrica ha trattato, ma altrettanto significativa. Lo scopo di “Ritratto di Signora” è quello di parlare di donne vere, innamorate anche di ciò che sono e di ciò che fanno. 

Ed è così che oggi vi parlerò, della giovane 23enne cantante inglese Adele Adkins, o conosciuta semplicemente come Adele. Fino a poco tempo fa non conoscevo la sua storia, ma ne sono rimasta piacevolmente colpita. 

Donna forte e capace di combattere le avversità dopo che tutto sembrava essere contro di lei, dando vita a bellissimi brani che in pochi ormai non hanno ancora ascoltato, o riascoltato più di una volta. Brani intensi e pieni di disperazione, ma anche di voglia di riscatto, di rialzarsi, di non lasciarsi travolgere dal dolore di essere stata abbandonata. 


 Perché le sue canzoni colpiscono, dritte al cuore? Perché parlano di sentimenti veri, perché Adele quando canta appare infinitamente commovente, le mani sul petto, gli occhi socchiusi e una voce spettacolare e vibrante. 

E dire che, una ragazza come lei, che non ha mai conosciuto il padre, mira di commenti sarcastici da parte di milioni di persone, così diversa in un’era in cui regna la musica di altre cantanti, che il successo se lo prendono mettendo in mostra il loro corpo, più che il loro talento, Adele avrebbe potuto facilmente non rialzarsi mai più dopo che il suo fidanzato l’ha lasciata per stare con un’altra, spezzandole il cuore. Invece il suo dolore si è tramutato in parole, parole che hanno dato vita a lettere all’uomo che l’ha abbandonata, lettere che si sono tramutate in canzoni, canzoni che la stessa Adele ha non solo scritto, ma di cui ha creato musica e arrangiamenti vari, tutto da sola senza mai scoraggiarsi. 

Adele si sarebbe potuta abbattere anche a causa delle persone che la additano, dicendo che è grassa, come se fosse un difetto, un gravissimo difetto, in un mondo in cui il modello di donna attuale è taglia 38, alta, magra come un chiodo, magari tinta bionda. Lei non si scompone, dice che la moda non è solo per le ragazze magre e che mai rinuncerebbe a ciò che le piace, oltre alla sua musica: mangiare bene e bere buon vino. 


Forse raccontata da me, la sua storia non colpisce, non fa effetto, ma se ci fermiamo un po’ a pensare ci rendiamo conto di quanto sia bello e buono che nel mondo ci siano ancora persone così. 
Lei, che scala le classifiche inglesi e americane, che è un fenomeno al pari dei Beatles, ma rimane sempre la stessa. 
Vive ancora con la madre, dorme nella stessa camera di quand’era piccola. Non si lascia condizionare dal successo, dai soldi. 
Non si fa bella come le dive di Hollywood e non diventa magra per scacciare i pregiudizi. 
Lei ci racconta l’amore come fonte di un dolore da cui poi avviene una rinascita, non come il piacere estremo di cui ci parla il resto della musica di oggi. 
Adele è genuina, bella, più delle dive, perché è solo e semplicemente se stessa. Un punto di riferimento per le giovani ragazze di oggi, un ammonimento a essere e stessi, a costruirsi il successo passo dopo passo, con fatica e dedizione, perché non e una strada facile. Adele ottenne il primo successo a 19 anni, caricando su YouTube un video fatto con il proprio cellulare. A poco a poco, il video scalò l’intera classifica, piazzandosi al nono posto. E lei giura di essere ancora la ragazza di allora. E noi le crediamo, grazie alle sue bellissime canzoni.
Sofia. 
E per finire, ecco una delle sue bellissime canzoni. Buon ascolto!